Vai al contenuto
Aperto oggi 09:30-19:00

Perseo e Medusa

28/06/2022

Prima di raccontarvi la storia mitologica di oggi, vi sveliamo una curiosità.
Antonio Canova era uno scultore molto curioso. Pensate che la sua biblioteca contava più di 2.000 libri ma non sempre aveva il tempo per leggere e allora sapete cosa faceva? Chiedeva ad un amico o al fratello di leggere per lui questi racconti mentre lavorava e si apprestava a scolpire qualche nuovo capolavoro.
Quindi adesso mettetevi comodi, vi racconteremo l’avvincente storia di Perseo e Medusa e nel frattempo voi, come Canova, potrete colorare la vostra opera d’arte, partendo dai i disegni di Valentino Villanova.

Moltissimo tempo fa viveva ad Argo, città dell’antica Grecia, un re che si chiamava Acrisio e che aveva una figlia dolcissima, Danae. Una profezia però pesava sul vecchio Acrisio: «Tu avrai da Danae un nipote» gli aveva confidato un oracolo, «ma non sarà fonte di gioia: il bimbo crescerà, usurperà il tuo posto e ti ucciderà». Il terrore era tale che Acriso decise di rinchiudere la figlia nella torre più alta della città. Non avrebbe così potuto avere figli. Ma il re non poteva lottare contro il suo destino, né poteva lottare con Giove che, incuriosito dalla torre così ben protetta, volle andare a vedere che cosa nascondesse di tanto prezioso. E chi avrebbe mai potuto nascondere qualcosa al dio più potente dell’Olimpo?

Allora Giove curiosò all’interno della torre, vide la bellissima ragazza e se ne innamorò perdutamente. Scese perciò sulla terra sotto forma di pioggia d’oro, tenue e sottile che, infiltrandosi dal tetto, dalle fessure e dalle finestre della torre, raggiunse Danae. Giove e Danae si unirono in matrimonio ed ebbero un figlio, Perseo.
Il vecchio re, folle d’ira, mise Danae e il suo bambino in una massiccia cassa di legno chiusa e la lanciò tra le onde del mare in tempesta.

Giove, preoccupato per le sorti di Danae e Perseo, chiese aiuto a Nettuno. Il dio del mare calmò le acque e chiamò un vento dolce e carezzevole che spinse delicatamente la cassa verso la spiaggia più vicina. La cassa venne dolcemente adagiata sull’isola di Sefiro e attirò così la curiosità di alcuni pescatori che l’aprirono. Danae e il figlio, stanchi e stravolti, uscirono dalla cassa e subito raccontarono la loro disavventura. Conosciuta la loro storia, Polidette, il re dell’Isola di Sefiro, accolse i due naufraghi nel suo castello. Perseo crebbe nella bellissima reggia e diventò il più forte di tutti i ragazzi dell’isola. Era tanto robusto e intelligente da poter sicuramente affrontare qualsiasi nemico.

Polidette cominciò a temerlo soprattutto quando il giovane non gli permise di sposare sua madre Danae. Il re pensò perciò di allontanare il giovane dal regno affidandogli una missione pericolosissima affinché dimostrasse a tutti d’essere figlio di Giove: Perseo gli avrebbe dovuto portare la testa di una delle Gorgoni. Ma chi erano le Gorgoni? Erano tre terribili sorelle che avevano un aspetto mostruoso: un solo occhio in tre, lingue biforcute, zanne di cinghiale e soprattutto al posto dei capelli, serpenti, in grado di pietrificare chiunque le avesse guardate nell’occhio.

Polidette, alimentando nel suo cuore la feroce speranza che il giovane Perseo morisse nel compiere l’impresa, gli aveva chiesto di portargli la testa di Medusa, la più tremenda delle tre. Perseo accettò la terribile missione e si allontanò dall’isola.
Prima di partire però chiese aiuto al padre: “Ti prego, Giove, aiutami a portare a termine questa missione e uccidere il mostro.”
Il dio dell’Olimpo, ascoltata la preghiera del figlio prediletto, mandò in suo aiuto la dea Minerva. Condotto dalla divinità, Perseo attraversò mari e isole sconosciute e poi si fermò in Sicilia, come gli era stato consigliato da Minerva.

Alle pendici dell’Etna, avrebbe incontrato Vulcano, il dio del fuoco. Il giovane si avvicinò alla montagna che sputava fuoco ed entrò in un corridoio sotterraneo stretto e buio che lo portò alla fucina di Vulcano, dove il dio stava lavorando incessantemente. Quando vide il giovane eroe, con tono scocciato gli chiese: “Chi sei? Cosa vuoi?” “Sono Perseo, figlio di Giove. Polidette mi ha mandato ad uccidere Medusa. Minerva, mi ha condotto fin qui perché tu possa aiutarmi.” A questa parole Vulcano lo guardò con simpatia e, facendogli dono di una falce di ferro affilatissima, disse: “ È con questa che dovrai tagliare la testa a Medusa”.

Perseo incontrò nuovamente Minerva che consegnò al giovane eroe uno scudo scintillante mettendolo in guardia: “Se guarderai Medusa in faccia, il suo occhio malefico ti trasformerà subito in pietra. Eccoti perciò il rimedio: ti avvicinerai a lei camminando all’indietro e guarderai il suo riflesso in questo scudo lucente come uno specchio. Fai molta attenzione, basterebbe uno sguardo di pochi attimi per rimanere pietrificato per sempre!”. Minerva gli fece dono anche di un paio di sandali fatati, che avevano il potere di rendere invisibile chiunque li indossasse. “Minerva, grazie per questi doni e questi preziosi consigli”, disse Perseo: “Ma come potrò mai sdebitarmi?” e la dea rispose la dea: “Non ti preoccupare Perseo, ti aiuto volentieri! Ricordati di non parlare con nessuno, vai dritto per la tua strada. Mi renderai specchio e calzari quando l’impresa sarà compiuta”.

Perseo continuò il viaggio finché giunse nella grotta dove vivevano le terribili Gorgoni. La luce era scarsa e Perseo, camminando all’indietro con lo sguardo fisso nello scudo, vide finalmente le creature delle quali aveva sentito parlare. Il desiderio di voltarsi era fortissimo ma sapeva che se solo avesse osato farlo la sua vita sarebbe finita in quel momento. Ad un certo punto il mostro, che voleva colpire Perseo, gli corse incontro ma il giovane, agile e scattante, trasse la spada che gli aveva donato Vulcano. Con un colpo netto tagliò la testa di Medusa che rotolò ai suoi piedi. Il giovane raccolse la testa sanguinante in una magica sacca d’argento, regalo di sua madre. Infilò i sandali magici che lo resero invisibile e scappò velocemente mentre anche le sorelle di Medusa morivano contorcendosi a terra.

Perseo iniziò così il viaggio di ritorno. Ma, mentre camminava, sotto i suoi piedi stava succedendo qualcosa di straordinario. Le gocce di sangue che cadevano dalla sacca in cui era conservata la testa di Medusa si mescolavano alla terra, diventavano fango. Quel fango si trasformò magicamente in un bellissimo bianco cavallo alato. Lo splendido animale, che Perseo chiamò Pegaso, portò a casa Perseo sano e salvo.

Polidette quando vide il giovane, che pensava ormai morto, rimase pietrificato! Ma nel verso senso della parola. Infatti Perseo, che aveva capito di essere stato ingannato dal re e per dimostrargli di aver ucciso il mostro, estrasse la testa di Medusa dalla sacca d’argento. A quel punto, il sovrano la vide e rimase di pietra. Polidette non sposò così la bella Danae e Perseo divenne il re dell’Isola di Argo.
Esiste una scultura, nel nostro Museo, che rappresenta proprio Perseo con la testa di Medusa. Vi sfidiamo a trovarla nella Gypsotheca!
Ci vediamo alla prossima storia del mito!